Basilica minore dei Santi Paolino e Donato

La Chiesa dei SS. Paolino e Donato era la parrocchia della famiglia Puccini che abitava nelle immediate vicinanze. Per questo l’archivio conserva un’importante documentazione che riguarda anche la famiglia Puccini: i cosiddetti Stati di anime – compilati dai parroci del tempo ogni anno in Quaresima nell’occasione della benedizione delle case – registrano in modo sistematico le situazioni familiari, comprese le assenze temporanee di qualche membro; i Libri dei morti forniscono le date dei vari decessi, e spesso anche l’informazione sul luogo della sepoltura.

Si può dire che in questa Chiesa Giacomo Puccini abbia avuto il suo battesimo da compositore: il 12 luglio 1877, festa di S. Paolino, all’interno di un servizio chiesastico in gran parte realizzato dagli alunni dell’Istituto Musicale «G. Pacini», fu eseguito un suo Mottetto per baritono, coro a 4 voci e orchestra.

Il Mottetto evidentemente piacque molto, se fu replicato l’anno successivo insieme ad un nuovo Credo, anch’esso molto apprezzato:

E il 12 luglio 1880, con l’esecuzione di un «grandioso servizio» – la Messa a 4 voci con orchestra, e il sopracitato Mottetto inserito dopo il Credo – fu sancito il compimento degli studi presso il locale Istituto Musicale.

I lucchesi ebbero la conferma che Puccini, erede di una gloriosa famiglia, poteva diventare un compositore tale «da esser segnato a dito fra i suoi migliori contemporanei». In effetti la Messa è il suo primo capolavoro, e rimase ben impressa nella memoria del compositore, che più volte attinse ad essa, anche per i lavori teatrali più importanti: vedi l’Agnus Dei che diventa il Madrigale nel II atto di Manon Lescaut.

Battistero SS. Giovanni e Reparata

Il Battistero dei SS. Giovanni e Reparata può essere considerato come il luogo della predestinazione: il 18 febbraio 1864, durante le solenni esequie del padre Michele, morto appena cinquantenne dopo una breve malattia il 23 gennaio, Giovanni Pacini pronunciò l’orazione funebre. L’accenno ai parenti sopraffatti dal dolore non poteva mancare, e neppure l’affermazione che una dinastia musicale così gloriosa fosse destinata ad essere proseguita: «Voi, fratelli dilettissimi,

a cui i sensi di cristiana carità sì caldamente parlano al cuore, ben volgerete un pensiero alla ottuagenaria Madre [Angela Cerù], ad una desolata Sposa [Albina Magi], a sei tenere fanciullette [le sorelle Otilia, Tomaide, Nitteti, Iginia, Ramelde e Macrina], ad un garzoncello [ovviamente Giacomo], solo superstite ed erede di quella gloria [il fratello Michele nascerà il 19 aprile di quello stesso anno], che i suoi antenati ben si meritarono nell’arte armonica, e che forse potrà egli far rivivere un giorno».

Cattedrale di S. Martino

Giacomo Puccini, dopo aver ricevuto il battesimo nella Casa natale con un’autorizzazione speciale, fu condotto in Cattedrale per il completamento dei riti battesimali.

In questa stessa Cattedrale tutti i suoi antenati avevano svolto una parte considerevole della loro attività, come organisti, compositori e concertatori. Vale la pena di ricordare che la chiesa era dotata allora di due splendidi strumenti, oggi disgraziatamente smontati, dei quali rimangono visibili le cantorie e le canne di facciata: uno quattrocentesco di Domenico di Lorenzo in cornu epistolae – a destra di chi guarda l’altar maggiore – l’altro seicentesco di Cosimo e Andrea Ravani in cornu evangelii – a sinistra.

In questa stessa cattedrale, per la Santa Croce del 1872, il giovane Giacomo fece il suo debutto professionale, come assistente del secondo coro, per un compenso di 3,72 lire. Tra le musiche in programma figurava un Mottettone di suo padre Michele. Dirigeva lo zio Fortunato Magi.

Nonostante le numerose istanze avanzate della mamma Albina, Giacomo non riuscirà mai a ottenere la carica di organista, occupata da un Puccini ininterrottamente per 124 anni – dal 1740 fino alla morte del padre Michele nel 1864 – per la scarsa capacità di valutazione dei membri di una commissione, cui l’Opera di S. Croce aveva demandato la decisione.

Diventato famoso e lontano da Lucca, Puccini ricordava sempre le sue prime partecipazioni e non mancava di interessarsi alle musiche che si eseguivano. Proprio di quelle parlava con l’amico Gustavo Giovannetti e nel settembre 1887 scriveva al cognato Raffaello Franceschini, con la sua consueta capacità di mescolare sacro e profano: «Ditemi che cosa c’è di nuovo a Lucca e che musiche fanno per Santa Croce e tutto ciò che è accaduto, morti, stupri, furti, adulteri, pecoreri».

Chiesa di S. Pietro Somaldi

I primi biografi pucciniani riferiscono che Giacomo Puccini, prima di trasferirsi a Milano per completare gli studi, suonava l’organo in varie chiese lucchesi, come S. Pietro Somaldi, S. Paolino, S. Maria dei Servi, S. Girolamo e la chiesa parrocchiale di Mutigliano, appena fuori città: impieghi che gli avrebbe procurato il suo maestro Carlo Angeloni, tenuto conto della difficile situazione familiare del giovane allievo. Per quanto riguarda S. Pietro Somaldi va ricordato che già il bisnonno Antonio, il nonno Domenico e poi il padre Michele avevano prestato regolare servizio come organisti e maestri di cappella.

L’organo di S.Pietro Somaldi è un pregevolissimo strumento seicentesco – costruito da un celebre organaro lucchese, Domenico Cacioli – che ha sempre destato ammirazione in tutti gli organisti che lo hanno suonato. Puccini ne conservò un vivo ricordo, anche quando il mondo dell’opera aveva ormai assorbito completamente la sua creatività: lo testimonia una firma che appose all’inizio del Novecento sul somiere, dopo il restauro dello strumento, attuato in modo esemplare da Filippo Tronci, che conservò gran parte del materiale originario.

Non è affatto inverosimile, anzi, che sia stato proprio Puccini a suggerire alle autorità ecclesiastiche il nome del Tronci perché gli fosse affidato il restauro: non sembra essere una pura coincidenza il fatto che al Teatro Costanzi di Roma, dove si era avuta la prima assoluta di Tosca (1900), ci fosse uno strumento realizzato dal medesimo Tronci e d’altra parte uno strumento realizzato da un altro membro della famiglia Tronci esisteva a Roma proprio in S. Andrea della Valle (dove si ambienta il primo atto di Tosca ). Del resto, nel 1899, anche Giuseppe Verdi aveva incaricato Filippo Tronci di restaurare l’organo delle Roncole che suonava da ragazzo, sicuro che, nelle mani esperte e rispettose di quell’organaro, il ‘suo’ strumento avrebbe conservato le caratteristiche originarie. Oggi, che vige la prassi della conservazione e del recupero degli organi storici, possiamo probabilmente esser grati a Puccini anche per aver salvato un prezioso strumento.

Chiesa S. Romano

Il capostite della dinastia Puccini, Giacomo senior, nato a Celle dei Puccini nel 1712, raggiunta nel capoluogo la più piena affermazione nel campo musicale – deteneva le cariche di Maestro della Cappella di Palazzo della Repubblica Lucchese dal 1739, di organista della Cattedrale di San Martino dal 1740, oltre che di organista o maestro di cappella nelle principali chiese lucchesi – nel 1774 acquistò per sé e per i suoi eredi una sepoltura nella Chiesa di San Romano. Era naturale del resto che un ‘dipendente’ dello stato lucchese desiderasse essere sepolto nella Chiesa ‘di stato’, come era appunto San Romano a quei tempi, dove esercitava parte dei suoi ‘obblighi’ professionali, come capiterà anche al figlio Antonio. Ci colpisce comunque la collocazione della sepoltura – al centro della Chiesa, tra i due organi. Così l’iscrizione:

JACOBUS PUCCINI CIVIS LUCENSIS SIBI
SUISQUE QUIETIS LOCUM ELEGIT
A.N. MDCCLXXIV

La tomba accolse, oltre a Giacomo senior stesso (1781) e alla sua vedova Angela Piccinini (1794), tre suoi nipoti – figli di Antonio – Angela Margherita (1775), Maria Margherita Rosalba Diana (1792) e uno, registrato come N.N., che non si fece in tempo neppure a battezzare.

Monastero della Visitazione, Vicopelago

Il Monastero dove Iginia Puccini (1856-1922) fu suora agostiniana, col nome di suor Giulia Enrichetta, è stato abbandonato dall’ordine alla fine degli anni ’90 del Novecento. Quando vi erano ancora le suore di clausura, era uno spaccato d’ambiente da osservare e studiare per ricreare l’ambiente di Suor Angelica. Alcuni riferiscono che Giacomo abbia fatto sentire in anteprima, canticchiando e accompagnandosi con l’organo, Suor Angelica alla sorella e alle altre suore, ma non è facile confermare notizie come queste, perché spesso gli episodi la cui memoria si tramanda da un visitatore all’altro si caricano di particolari nuovi.

Di sicuro si sa che il rapporto tra Puccini e la sorella era molto stretto e che Iginia, anche per le esigenze liturgiche del Monastero, era molto progredita nell’esperienza musicale e accettava molto volentieri i doni del fratello, soprattutto i pacchi di musica per organo, pubblicata da Ricordi, che lui provvedeva a farle inviare.

Le suore conservavano un armonium della fabbrica «Tedeschi & Raffael / Milano» donato da Giacomo a Iginia il 5 gennaio 1921 (la tradizione vuole che un altro armonium Puccini lo avesse donato al Monastero di S.Nicolao – sede delle Agostiniane prima di Vicopelago – molti anni prima, a memoria della madre Albina), uno spartito de La fanciulla del West autografato con dedica «Alla mia Monachina Iginia affettuosamente Giacomo Torre del Lago 23 Gen 911», documenti che testimoniavano il coinvolgimento finanziario del compositore in opere pie promosse dalle suore, lettere di Iginia nelle vesti di madre superiora. C’era anche una piccola ma interessante raccolta di musiche manoscritte per voci femminili e organo, o solo organo, di autori lucchesi (tra cui anche Michele e Domenico Puccini), provenienti per lo più dal Convento di S.Nicolao, opere didattiche e una collezione di musiche ‘da salotto’ per pianoforte pubblicate nell’Ottocento, trascrizioni e fantasie da opere liriche, ma anche pezzi da ballo: evidentemente gli interessi musicali nel monastero non erano circoscritti esclusivamente all’ambito liturgico!

Mutigliano

A Mutigliano, piccolo paese al di là del fiume Serchio all’inizio della val Freddana, Giacomo Puccini soggiornava da ragazzo, ospite del parroco, don Giacinto Cantoni, per il quale svolgeva anche una delle sue prime attività professionali: nella Chiesa parrocchiale dei SS. Ippolito e Cassiano suonava l’organo (opera di Michelangelo Crudeli, 1784) già nel 1872, istruiva il coro e concertava musiche liturgiche.

Anche dopo che queste esperienze si conclusero (fine anni ’70), Puccini mantenne vivi i legami con il paese, a causa delle amicizie strette da ragazzo con varie persone e della presenza a Mutigliano, in tempi diversi,  di due sacerdoti: il canonico Roderigo Biagini (cugino di Giacomo, figlio di Chiara Puccini, sorella del padre Michele) e Dante Del Fiorentino, che eserciterà il suo ministero in seguito anche a Torre del Lago (trasferitosi poi negli Stati Uniti, sarà uno dei primi biografi e studiosi di Giacomo).

Negli anni dei grandi successi, qualche volta ricordava quel piacevole ambiente: nel 1897 scriveva all’amico Alfredo Caselli da Londra: «Sono amico di Zola, Sardou, Daudet: chi l’avrebbe detto eh? al guitto organista di Mutigliano?»; e nel 1908 alla sorella Ramelde dall’Egitto, a proposito del Nilo: «Non è altro che la Freddana ingrandita».